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» E dopo Torino 2006? Il destino senza pattinaggio dei siti olimpici europei

2 febbraio 2005 - St. Moritz 1948, Oslo 1952, Cortina 1956, Innsbruck 1964 e 1976, Grenoble 1968, Sarajevo 1984, Albertville 1992 e Lillehammer 1994: queste sono le località europee che nel secondo dopo-guerra hanno ospitato il pattinaggio di figura in occasione dei Giochi Olimpici. In più di 50 anni, tranne rare eccezioni (Oslo, Cortina, Innsbruck e Sarajevo una volta a testa) ...

... questi siti non hanno più successivamente ospitato il pattinaggio di figura dei Campionati Europei o dei Campionati Mondiali.
Il Presidente della ISU, l’italiano Ottavio Cinquanta, non ha tutti i torti quando in sede di conferenza stampa in chiusura di Torino 2005 si preoccupa circa il possibile identico destino del Palavela dopo i Giochi del 2006.

Chiamata in causa in prima battuta è la scarsa capacità di spesa e di investimento delle federazioni nazionali degli sport del ghiaccio. D’altronde, a parte quelle nordamericane sostenute con continuità dalle entrate spettacolistiche (proventi da sponsor e dei diritti tv) ed istituzionali (oblazioni da fondazioni di gruppi imprenditoriali), le federghiaccio nazionali in Europa in genere possono contare sulle tasse di affiliazione e di riaffilizione dei tesserati e sui trasferimenti di fondi assegnati dallo Stato attraverso le leggi finanziarie di fine anno (in Francia e da alcuni anni in Italia) o dai Comitati olimpici nazionali attraverso la ripartizione delle entrate delle lotterie sportive (totocalcio in Italia). Con queste risorse (spesso da distribuire fra gli sport del ghiaccio nei casi di federghiaccio unitarie), le federazioni devono allestire la stagione agonistica nazionale ai vari livelli del pattinaggio di figura e finanziare le spedizioni delle rappresentative ai Campionati Europei ed ai Campionati Mondiali che, a differenza di numerose altre discipline, si svolgono ogni anno.

Un impegno finanziario non indifferente che diventa proibitivo per diverse federazioni allorché si tratta di sostenere (in parte) i costi dell’organizzazione in casa di un Europeo e, a maggiore ragione, di un Mondiale: costi di allestimento e di mantenimento di due piste (quella di allenamento e quella di gara) con servizi accessori per atleti, giornalisti e pubblico, personale per pulizie e manutenzione, costi telefonici e di comunicazione per le reti a disposizione dei giornalisti, costi di trasporto per i trasferimenti in città di atleti, tecnici, delegati, giudici, costi di ospitalità e di rappresentanza (conferenze stampa, presentazioni, convivi), marketing (programma ufficiale, manifesti, inserzioni, spot), canoni di noleggio di mezzi di servizio e di macchinari ed apparecchiature (pc, telefoni, fax, stampanti, fotocopiatrici…), oneri assicurativi ed amministrativi in genere.

La copertura di tutti questi costi attraverso i proventi degli sponsor (balaustra), degli ingressi del pubblico e di parte di quelli dei diritti tv non è sempre assicurata completamente. Ad essere allora sollecitate quale co-organizzatori sono le Amministrazioni locali, a partire dalle Municipalità, spesso proprietarie delle strutture (palazzi del ghiaccio o palazzi dello sport polivalenti).
E qui nascono gli interrogativi: senza gli interventi finanziaria straordinari della ISU per le città ospitanti i Giochi Olimpici, quante realtà sono in grado di mettere a disposizioni risorse finanziarie, umane e infrastrutturali (due piste, autostrade, aeroporti, alberghi…) per ospitare gli Europei od i Mondiali in modo ciclico (ogni 3 o 4 anni)? Ed ancora gli sforzi per una Olimpiade sono così notevoli per le amministrazioni del territorio da prosciugare a medio/lungo termine le casse per i successivi eventi continentali o mondiali?

I fatti sembrano dimostrare questo: Albertville 92 e Lillehammer 94 sono stati due successi riconosciuti all’unanimità, ma questi due siti non sono entrati nel circuito internazionale del pattinaggio di figura fino ad ora. Occorre dire che si tratta di realtà “non metropolitane”, le cui dimensioni limitate in termini di risorse finanziarie e di infrastrutture non facilitano l’inserimento. Discorso che vale per St. Moritz, Cortina e Grenoble. Forse non è un caso che negli ultimi trenta anni in Europa nel circuito internazionale Europei/Mondiali troviamo con la frequenza maggiore capitali o città di primo piano con regolari capacità di spesa e di investimento nei bilanci delle istituzioni locali: Helsinki (4), Copenhagen (4), Dortmund (4), Budapest (3, ha ricostruito in poco tempo un nuovo impianto dopo l’incendio del precedente), Praga (3), Losanna (3), e Parigi (2). E che la capacità di spesa e di investimento dei siti non è secondaria lo dimostra il caso Russia (ex-Urss): la Federghiaccio del Presidente Piseev è una potenza sotto diversi punti di vista, ma prima dei Mondiali del prossimo marzo in una Mosca in trasformazione, che desidera proporsi al mondo anche attraverso il pattinaggio di figura, ricordiamo solo Leningrado o San Pietroburgo 1990 (Europei).

Quindi un punto è pressoché certo: in Europa i costi di mantenimento in funzione tra un evento e l’altro di un palaghiaccio da 8.000 a 12.000 posti sia per il pubblico (Comune) che per il privato (proprietario o concessionario della Municipalità) sono proibitivi. A parte alcuni casi (per esempio la pista fissa del Centro di Malley in Losanna), la tendenza è ormai quella di inserire la pista principale di gara a serpentine mobili all’interno di impianti polisportivi o meglio ancora polifunzionali (centri espositivi, fieristici…): Dortmund, Birmingham, Leningrado, Parigi (Bercy), Milano (FilaForum), Budapest, Monaco di Baviera, Nizza e Mosca (Centro Luzhniki).


Tribune a parte, si pensi in termini di funzionalità, di servizi di accoglienza e di comunicazioni il gradimento che riscuoterebbe per esempio un Europeo su di una pista allestita in uno dei padiglioni del prestigioso nuovo Lingotto in Torino con parcheggi sotterranei, con albergo Le Meridien, ristoranti self-service, centri commerciali e shopping-gallery nello stesso complesso, nonché con i capolinea di bus, tram e taxi fuori dalla porta. Ideale.

Ma ora c’è il Palavela di via Ventimiglia e bisogna fare i conti con questa struttura dal futuro altrettanto multifunzionale: tra esposizioni, concerti, eventi sportivi, fiere ci sarà ancora spazio per Europei/Mondiali di pattinaggio di figura, o Torino è destinata a seguire il destino dei precedenti siti olimpici del vecchio continente? Se Ottavio Cinquanta e Toroc intendono invertire la rotta, il primo passo sarà quello di comprendere se la annunciata ripartizione post-olimpica in due ambienti dell’attuale catino del Palavela comprometterà in termini di spazi e soprattutto di capienza l’organizzazione delle competizioni internazionali del pattinaggio di figura (un taglio a 5.000 posti potrebbe forse permettere ancora almeno la disputa degli Europei).

Ma prima ancora occorrerà tenere presente due aspetti non secondari, anzi: 1) come usciranno le finanze delle istituzioni torinesi (Comune in testa) dall’esperienza olimpica; 2) quale sarà il futuro di una Torino che con l’alta velocità sembra avviata a trasformarsi nella banlieue dormitorio di Milano.
Milano: una vittoria extra-europea per l’organizzazione dei Giochi Olimpici estivi del 2012, sebbene difficile, aprirebbe le porte al progetto olimpico di Milano 2016 che, sebbene estivo, potrebbe prevedere, proprio in quell’ottica di polifunzionalità a 360gradi degli impianti sportivi di oggi, un modernissimo complesso in grado di ospitare anche il pattinaggio di figura internazionale a gennaio od a marzo, nei mesi di Europei e Mondiali.

carlo guglielminotti bianco

 
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